Il protagonista di questa storia vuole restare anonimo, non è ancora pronto a rivelare pienamente al mondo la sua particolare condizione. Soffre di una strana malattia, un po’ inquietante, un po’ esilarante. Ha costantemente l’impressione di vivere in una sit-com. Questo fatto è molto più stressante di quello che si possa pensare. Immaginate l’orribile sensazione di passare l’intera giornata su un palco, di fronte a un pubblico che scruta ogni tua mossa pronto a ridere di te. L’ansia del non avere un copione, ma sentire che se sbagli una battuta tutti se la prenderanno con te. Avere perennemente l’impressione che un mucchio di osservatori si spancino dal ridere per le tue sfighe. Più stai peggio, più ti succedono cose brutte e più questi ridono, ridono e ridono. Applaudono anche, a volte fischiano.
Il nostro protagonista vorrebbe potersi nascondere, avere un po’ di privacy, ma le telecamere sono ovunque. Sguardi che giudicano, occhi deridenti, sorrisi falsi. Passa gran parte del suo tempo a pensare cose intelligenti e divertenti da dire, arrossisce violentemente e si sente più umiliato del normale ogni volta che fa, o pensa di fare, una figuraccia, si atteggia anche quando sta sotto la doccia, impostando la voce per cantare come un professionista. Una volta è inciampato per strada e si è sentito malissimo, non parliamo poi di quando un piccione ha lasciato un ricordino dritto dritto sulla sua giacca… Sempre attento a come si veste, a come cammina, a come si siede, non si rilassa mai. Il pensiero di tutte quelle persone sedute dietro ai riflettori che ridono di lui, che si godono lo spettacolo della sua vita.
Questa sua vita non è particolarmente interessante o fuori dall’ordinario. Ha i suoi alti e i suoi bassi. Ma i momenti peggiori, in cui la malattia si aggrava è quando capita qualcosa di brutto. Quando è stato lasciato dalla fidanzata, quando è morta la nonna, quando è stato bocciato, quando è finito in ospedale. Nei momenti in cui è depresso ecco che li vede, tutti in fila a guardare e a divertirsi, a commentare il suo malessere. Applaudono e mangiano pop-corn. Sorseggiano bibite e scrocchiano patatine. Il grande spettacolo umano ha infine risorse.
Ha provato tante cure. L’alcolismo e le droghe leggere a volte funzionano, a volte peggiorano la sua condizione. Con le seconde almeno ride, con il primo gli viene più che altro mal di testa. Ha provato con uno specialista, ma, come già detto, non è pronto a parlare apertamente di se stesso e quindi la terapia non è stata efficace. Un altro specialista gli ha prescritto pillole inutili, un altro decotti ancora più inutili. Il problema è dentro di lui e deve risolverlo lui. Un pochino sta migliorando. Ha smesso di parlare con gli specialisti e ha cominciato a parlare con pochi amici fidati. Parlare senza sentirsi guardato e giudicato e deriso per ora è il metodo migliore che ha provato.
Forse non guarirà mai del tutto. Forse poi è normale per tutti sentirsi, a volte, marionette su un palco, vittime di un regista perverso che non vuole rivelare il gran finale della sua opera. Forse, in una società dove l’immagine ha tanta importanza è normale nascondere un po’ la propria essenza e mostrare quello che si crede gli altri vogliano vedere. Forse sono solo tanti viaggi mentali senza scopo e senza meta. Forse questa non è una vera storia, ma è la storia di tutti e di nessuno.